Thursday, July 30, 2020

La fine del capitalismo

All’inizio, tutto il mondo credeva che si trattasse di una malattia arrivata dalla Cina, vuoi per la poca igiene negli spazi pubblici, dei suoi abitanti o per la sua abitudine a mangiare tutti i tipi di insetti. Qualcosa come influenza aviaria o la peste suina che si risolverà. Pian piano questa malattia invase altre nazioni. I cinesi vollero nascondere il fatto, ma una volta che non fu più possibile, agirono con misure severe, rinchiudendo i cittadini nelle proprie città, nelle proprie case, in modo tale da ridurre pian piano il numero di malati. In quel momento il virus aveva iniziato l’invasione del pianeta. Qualche nazione ha reagito con velocità chiudendo i confini come la Russia o uscendo a cercare il nemico sulle strade negli individui che sembravano più sani. I più intelligenti furono i Coreani, i quali fecero miliardi di test e con l’aiuto della popolazione, che aveva seguito i consigli di non uscire di casa sul serio, ridussero in un mese i contagi. Mentre tutto si evolveva in Asia, gli europei pensavano che non fosse una cosa tanto importante. “Una volta arrivato il bel tempo il virus scomparirà” dicevano, anche se in Australia, dove era piena estate, la malattia progrediva lentamente. Nel momento in cui una delle fiere più importante di telefonia a livello mondiale fu sospesa perché i lavoratori delle aziende multinazionali rifiutarono di andarci, tanta gente accusò i dirigenti di dette compagnie di codardi deplorando il danno causato dalla cancellazione dell’evento in questione. L’allarme suonò finalmente quando i contagi arrivarono in Italia. Fu quando iniziarono a morire i cittadini del mondo occidentale che presero l’argomento sul serio. Ogni giorno gli infetti aumentarono in forma strepitosa, anche i morti. Tuttavia, quasi tutti i sovrani si rifiutarono di affrontare il nemico in stile cinese. Trattenendo i cittadini nelle proprie case si andava contro i valori democratici che sostenevano di difendere. Nonostante ciò, finirono per prendere queste misure quando il danno fu già stato fatto. Il problema fu affrontato in due modi diversi. Imitare il modello cinese e trattenere la popolazione in modo da non saturare gli ospedali o non fare nulla e sperare che dopo un contagio di massa iniziale, la popolazione sviluppasse i propri anticorpi. Nei paesi poveri, tranne l'Iran, non c'erano così tanti malati o morti. Si pensava ancora che le temperature alte e qualche cibo speziato fermassero il contagio, per non parlare di bevande spirituali, ma la realtà era molto più semplice. In Africa vi erano pochi tamponi, di conseguenza la popolazione ammalata risultava ufficialmente ridotta, oltretutto in questo Paese la popolazione era relativamente giovane e solo un 10%-15% correva il rischio di morire. Però le persone malate erano comunque molte, e così si avvicinava il grande pericolo che potesse succedere qualcosa che nemmeno il più bravo degli scrittori di fantascienza poteva immaginare: il mondo quasi si fermò. Le fabbriche chiudevano, i lavoratori venivano licenziati, gli impiegati cercavano di lavorare da casa discutendo con la moglie e i figli. La Cina era la fabbrica del mondo: fermandosi lei, finirono le provvigioni per automobili, medicinali, elettrodomestici e qualsiasi prodotto immaginabile. L’altra faccia di questa guerra era la parte medica: neanche in questo momento così grave le aziende farmaceutiche erano state in grado di mettere da parte le proprie divergenze per unire gli sforzi, bensì solo competere per vedere chi scopriva per primo il vaccino e riusciva a prendere i soldi dei malati. Uno dei primi successi fu la scoperta del vaccino antinfluenzale che riduceva il tempo di guarigione di persone infette lievi. Quando questo medicinale uscì sul mercato, la gente fece un respiro di sollievo. Finalmente c’era un trattamento che faceva guarire in tempo record, facendo si che il lavoratore non si assentasse più per molto tempo dal suo impiego. A morire erano le persone anziane, in un altro tempo viste come persone rispettabili della società, ora viste come fastidiose nel mondo neoliberale, giacché nessuno si preoccupava di loro se non i propri cari. Infatti, anche se nessun politico lo ha mai confessato (neanche Trump), vedevano come qualcosa di soddisfacente la morte degli anziani, perché nelle proprie menti, rappresentavano spese per lo stato e nessuna produzione. Un’impiegata di un’organizzazione di credito internazionale -Karine La Merde- aveva già avvertito del pericolo degli anziani per il sistema economico dominante: “Questi maledetti vecchi incoscienti vivono troppo e finiranno per mandare in fallimento l’economia mondiale. Quando hanno fatto i calcoli, non si pensava che potessero vivere più di 80 anni come media. Però i giapponesi e gli spagnoli hanno una media tra i 90 e 100 anni: che mancanza di rispetto per le generazioni che ci seguono!” Se gli umani avessero riflettuto forse avrebbero potuto salvarsi. Essi non sono stati capaci di vedere la bontà di un mondo meno interconnesso, con meno voli. In tutti quei posti dove le fabbriche furono chiuse temporaneamente e le persone non usavano più le macchine per andare a lavoro la qualità dell’aria migliorò e, anche se all’inizio ci furono tensioni per condividere 24 ore con familiari semi-sconosciuti, presto si ripresero le abitudini di dialogare seduti a tavola, tornarono di moda le letture o i giochi da tavola con i dadi e le fiches. Era un buon momento per pianificare lo stipendio base universale. Tutti sapevano che in pochi anni i robot avrebbero preso il mercato del lavoro e solo una nicchia di tecnici informatici specializzati avrebbero continuato ad avere un lavoro. Forse un 10 per cento della popolazione. Un mondo meno interconnesso potrebbe impedire questi focolai virali universali. Ciò nonostante, l’essere umano non sapeva rimanere fermo. Si sentiva colpevole di non fare nulla. E appena il pericolo fu passato, i cinesi aprirono a tutto andare le proprie fabbriche. Era solo questione di settimane affinché si trovasse il vaccino che potesse mandare in pensione il virus spaventoso. Quello che nessuno aveva immaginato era la mia capacità di mutazione. La mia seconda ondata continuava ad essere contagiosa come la prima, e, ma differenza con la differenza che poteva colpire anche giovani e bambini. Chiunque poteva cadere nella mi morsa. Ma la cosa davvero interessante della mia versione 2.0 era che rendeva sterile l’intera popolazione della terra. È costato più di un secolo, ma finalmente oggi gli animali e i batteri possono convivere senza che gli umani li disturbino. Quello che comunisti, fascisti, integralisti non sono riusciti a fare, sono riuscito a fare IO: il coronavirus. Senza umani non c’è domanda né offerta. Né prodotti né borsa di valori. In poche parole, ho sconfitto il capitalismo. Cosa che si poteva ottenere solo con lo sterminio degli esseri umani.

Friday, July 17, 2020

La fin du capitalisme


Au début, tout le monde crût qu’il s’agissait d’une maladie qui avait surgi en Chine à cause du manque d’hygiène des chinois dans leur rues ainsi que de leur goût à manger toute sorte d’animaux. C’était une sorte de grippe aviaire ou de fièvre porcine qui s’arrangerait. Peu à peu cette maladie avait envahi d’autres nations. Les chinois ont voulu cacher le fait, mais quand ceci ne fut plus possible, ils agirent en prenant des mesures draconiennes, emprisonnant leurs citoyens dans leur propre maison et ville. Le but était de réduire peu à peu le numéro de malades et vaincre la maladie.

Vers cette époque, le virus avait déjà commencé la conquête  du monde. Quelques nations ont réagi avec prestesse comme la Russie en fermant leurs frontières. D’autres, ont décidé de faire face à l’ennemi en cherchant le virus dans les rues entre les personnes qui se trouvaient apparemment en bonne santé. Les plus malins furent les coréens du sud qui firent des milliers de test et, avec l’aide de la population qui obéissait totalement aux recommandations de rester à la maison, commencèrent à vaincre l’épidémie un mois après les premières transmissions. Pendant que le virus resta en Asie, les européens crurent  que ce n’était pas si grave. Avec le beau temps, la bestiole disparaitrait. Pourtant en Australie, qui se trouvait en plein été, la maladie progressait lentement.

                Quand le congrès de téléphones cellulaires s’est annulé à cause du refus d’assister les travailleurs des multinationales, beaucoup de gens ont accusé les exécutifs de lâches et les ont responsabilisés des maux occasionnées par leur choix. Les alarmes ont finalement sonné quand le virus est arrivé en Italie. Les habitants du premier monde ne s’inquiètent de rien jusqu’au moment où leurs habitants commencent à mourir. Chaque jour le nombre d’infectés augmentait exponentiellement ainsi que le nombre de morts. Mais même ainsi, les gouvernements ont refusé de faire face à l’ennemi à la façon chinoise.  Encloîtrer les citoyens dans leurs maisons allait contre les principes démocratiques qu’ils disaient défendre. Néanmoins, à la fin, ils prenaient la décision quand la maladie était déjà implantée dans leur pays.

Le problème s’est envisagé de deux façons. Soit imiter le modèle chinois et emprisonner les citoyens pour éviter la saturation des hôpitaux, soit ne rien faire et attendre qu’après une contagion massive, les citoyens développeraient leurs propres anticorps. Dans les pays pauvres, sauf l’Iran, il n’y avait pas tant de malades et de morts. Quelques uns crurent que ceci était dû aux températures élevées et à leur gastronomie pleine d’espèces ainsi qu’à certaines boissons spiritueuses. N’empêche que la réalité était bien différente. Les pays pauvres n’avaient pas de tests, surtout en Afrique, donc officiellement il n’y avait pas tant de malades. Leur population était jeune (10-15% de vieillards) ce qui diminuait d’avantage le taux de mortalité. Néanmoins, le nombre de morts fut si élevé qu’il arrivât une chose que le meilleur écrivain de science-fiction n’aurait jamais rêvé : le monde s’arrêta ou presque. Les usines fermaient et mettaient les ouvriers à la porte temporairement, les travailleurs des bureaux continuaient leur métiers chez soi en bataillant en même temps avec leurs fils et compagne. La Chine était l’usine du monde. Quand elle s’arrêta, la production de pièces d’automobiles, de médicine, d’électrodomestique et de n’importe quel autre produit s’arrêta.

Un autre front dans cette guerre était celui de la médecine, mais là encore, l’égoïsme humain continua. Au lieu de travailler ensemble pour trouver un vaccin, les savants luttaient entre eux pour avoir le médicament en premier. Celui qui gagnerait, obtiendrait l’argent des malades. Une des premières victoires fut la découverte d’un antigrippal qui diminuait le temps de convalescence. Quand cette médecine se commercialisa tout le monde respira tranquillement. Il y avait un traitement qui guérissait les malades en temps record, empêchant de cette façon que les malades soient absents à leur poste de travail / ratent du temps de travail à leur poste. Et comme les vieillards, autrefois personnes vénérés de la société,  étaient ceux qui mourraient. Personne ne s’inquiétait sauf les parents. Aucun président (même pas Trump) eut le courage de confesser leur plaisir de cette situation. Pour eux, les vieillards ne représentaient que des dépenses pour l’État et aucune production. En fait, la fonctionnaire d’un organisme de crédit international appelé Karine La Merde, avait déjà averti du danger que représentaient les personnes âgées pour l’économie : « Ces maudits vieillards n’ont aucune considération envers les plus jeunes. Ils vivent trop longtemps surtout au Japon et en Espagne où ils atteignent l’âge de 90 et 100 ans même. Quand on faisait les calculs on croyait que les gens mourraient à peu près à 80 ans en moyenne ».   

Si les humains avaient changé leurs habitudes, peut-être qu’ils auraient pu se sauver. Eux qui se disaient les plus intelligents, n’ont pas vu les bontés d’un système interconnecté sans tant d’avions. Là où les personnes arrêtaient d’utiliser leurs voitures, la qualité de l’air améliorait considérablement. Bien sûr, dans les premières semaines de confinement, se retrouver 24 heures avec des inconnus –la famille- n’était pas facile. Mais après quelques jours, ils récupérèrent l’habitude de discuter entre eux au déjeuner, et de jouer ensemble ou lire. Le moment était venu de soumettre la question du salaire universel. Tout le monde savait qu’en quelques dizaines d’années les robots remplaceraient les travailleurs. Seule une élite d’informaticiens, peut-être 10% de la population mondiale, auraient un boulot. Néanmoins les humains ne savent pas rester calmes. Ils se sentaient coupables de ne rien faire. Sitôt le danger passé, les chinois réouvrirent leur fabriques avec de grandes publicités. Ce n’était qu’une question de temps pour qu’un vaccin en finisse avec l’effroyable virus.

Personne ne conta avec ma capacité de mutation. Ma deuxième vague fut aussi contagieuse que la première, mais elle n’épargnait plus les gamins et les jeunes. N’importe qui pouvait tomber. Mais la véritable génialité de ma version 2.0 fut de provoquer l’infertilité des femmes. Cent ans après, les animaux et bactéries purent vivre tranquillement sans avoir à craindre les êtres humains. Là où  les communistes, fascistes et intégristes avaient raté, MOI, le coronavirus, j’avais triomphé. Depuis qu’il n’y a plus d’humains, il n’y a plus de loi d’offre et de demande, et la bourse de valeurs a disparu. En peu de mots, j’en ai fini avec le capitalisme en exterminant les êtres humains. C’était la seule façon.


Thursday, July 02, 2020

EL TESORO FAMILIAR


A mi amiga Inma que me dio a conocer esta bella historia

Por fin he logrado reunir el tesoro familiar que mi antepasado Ali Ben Ziyad -al Quti se llevara de Toledo en 1468. En aquella ocasión, la tradicional permutabilidad de nuestra familia no nos valió para evitar la expulsión de España, debido al fanatismo de Isabel la Católica. Desciendo de una familia de reyes godos que se convirtió al Islam tras la invasión de los musulmanes a España. No habríamos tenido ningún problema en volvernos a convertir al cristianismo tras la reconquista, pero para los nuevos gobernantes estos cambios de pieles ya no valían. En Francia, en cambio, esas reconversiones dogmáticas le valieron la corona a Enrique de Navarra. 

 A lomos de mulas y camellos y a través de caminos plagados de bandoleros, mi antepasado logró llegar a África  y de ahí descender hasta Tombuctú. En la actualidad, acostumbrados a trazar una línea recta entre los dos puntos que queremos recorrer, su itinerario nos parecería de lo más estrafalario. Primero fue a la Meca y luego orientó sus pasos hacia el río Níger, pasando por el temible y desolado Tanezrouf y desembarcando en lo que hoy conocemos como Walata, desde donde recorrió el último tramo.  No conforme con impedir que le robaran, mi antepasado consiguió acrecentar el patrimonio en las distintas paradas que conllevaba tan larga jornada, gracias a sus artes como comerciante. 

Mucha gente me ha preguntado ¿por qué Tombuctú?, ¿por qué atravesar el abrasador Sahara para establecerse en esa remota ciudad, en aquel entonces llamada Gumbu? La respuesta es muy sencilla. En aquella época, Tombuctú era la Meca de los comerciantes africanos. Ahí se reunían los que venían tanto del Norte como del Sur y, por ende, era una ciudad próspera y segura. Más aún era el punto de conexión entre productos africanos y europeos. Además, ya mucho tiempo atrás Heródoto se había encargado de darle fama universal de opulencia a la ciudad al decir que todo se pagaba en montañas de oro. En cualquier caso mi antepasado medró con el comercio y acabó casándose con la hija del rey Alí “el grande”, haciendo así valer nuestros antiguos derechos regios. Su nueva posición le permitió aumentar el tesoro familiar y legárselo a su hijo que llegaría a ser con el tiempo una prominente figura en esa sociedad, tanto como médico como ministro, así como gobernador. El fue el que nos encargó a sus descendientes que velásemos por mantener junto el tesoro familiar y ampliarlo. Desafortunadamente, nada es para siempre y el advenimiento de Almanzor de Marruecos obligó a mi familia a exiliarse en Kirshamba. Ahí tuvieron que aprender a arar y cultivar la tierra; ellos que habían nacido para gobernar pueblos enteros. Pero fue ahí también, donde encontraron la solución para evitar que el tesoro cayera en manos de los ambiciosos o fanáticos, en cuyo caso se habría perdido para siempre. Como las distintas ramas de la familia se habían esparcido a lo largo del río Níger, la solución fue repartir el tesoro entre todos hasta que la situación se calmase. Curiosamente, nunca ha faltado, en las siguientes generaciones, alguien que se ocupara de esa labor de reunir nuestra riqueza. Así ocurrió en el siglo XVII, cuando Mahmud Kati II lo buscó y llevó a Thié con su esposa, la nieta del famoso arquitecto Es Saheli. Su hijo Ibrahim se vio avocado a volver a dividir la fortuna familiar para que un  nieto suyo, Muhamad Abana, se empeñara en volver a recuperar todas las piezas posibles. Para ello viajó por toda la curva del Níger visitando remotos familiares. Sin quererlo, él generó un tesoro de otra magnitud al dejar inserto en las piezas recuperadas, los precios y las formas de pago. Estas anotaciones, hoy en día, son todo un  tesoro para los estudiosos de la época. Esto ocurrió a finales del siglo XVIII y principios del XIX.

Lo malo de esta región es su inestabilidad. Primero el fanatismo de Sheik Amadou y luego los imperialistas franceses obligaron a mis antepasados a dividir en lotes la biblioteca familiar. No todos los libros se han conseguido salvar del fanatismo y la ambición, pero sí una gran parte de ellos. Hasta 7000. El tiempo pasó y la gente empezó a hablar de la biblioteca familiar como una leyenda; pero no para mí, Ismail Diadié Hadara. Mi familia ha sido la portadora de la luz frente al fanatismo y el odio a lo largo de estos 5 siglos. Hemos salvado a la cultura del fanatismo cristiano e islámico, así como de los caprichos de aventureros. Desde muy temprana edad, he recorrido este país a fin de recuperar cuantos ejemplares pudiera. Después, todo mi afán consistió en proveerles de un lugar digno. No obstante, nuestra fortuna pecuniaria regia se ha desvanecido por lo que tuve que recurrir a aquellos que nos echaron de nuestra tierra original; los españoles. Gracias a ellos, la fortuna de mi antepasado a la que se unirá toda clase de documentos familiares, tendrá un lugar digno de estudio en Tombuctú. He cumplido con mi misión histórica. Ahora solo tengo que velar por su seguridad.